Di sera

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Era una di quelle sere d’estate in cui le strade trasudano calore e le piante sono immobili. L’appuntamento al cinema all’aperto, però, era d’obbligo, in quanto seguiva dei rituali ormai consolidati: la voglia di mettersi carini nonostante il caldo insopportabile, la scelta della borsa più capiente per farci stare l’acqua e un frutto, il ritrovo alle 20.45 davanti al bar all’angolo, per poi andare insieme a piedi.
Era facile prevedere cosa ci avrebbe aspettato: nel campo da basket convertito a spartano cinema erano soliti mettere in fila delle sedie di plastica massiccia, scolorite a causa delle intemperie e dell’usura. L’odore di asfalto era così netto da sovrastare i deodoranti, l’acqua di colonia al bergamotto e le essenze di citronella per tenere lontane le zanzare.
La cosa incredibile era, però, quanto il buio della sera riuscisse a creare una bellissima atmosfera, rendendo quella vecchia corte parrocchiale una cornice perfetta per godersi un film leggero, in compagnia delle solite, confortanti, facce del quartiere.
Così, chiudendo gli occhi, respirando a narici socchiuse quell’acre odore di estate, rimanevo lì immobile sulla sedia di plastica, sentendo distintamente le estremità delle dita aggrappate al tessuto della borsa.
Era finita l’infanzia ed iniziata l’adolescenza. Lo dissero anche le stelle.

Di sera

Billie Eilish – When the party’s over


Don’t you know I’m no good for you
I’ve learned to lose you, can’t afford to
Tore my shirt to stop you bleedin’
But nothin’ ever stops you leavin’

Quiet when I’m coming home and I’m on my own
I could lie, say I like it like that, like it like that
I could lie, say I like it like that, like it like that

Don’t you know too much already
I’ll only hurt you if you let me
Call me friend but keep me closer (Call me back)
And I’ll call you when the party’s over

Quiet when I’m coming home and I’m on my own
And I could lie, say I like it like that, like it like that
Yeah I could lie, say I like it like that, like it like that

But nothing is better sometimes
Once we’ve both said our goodbyes
Let’s just let it go
Let me let you go

Quiet when I’m coming home and I’m on my own
I could lie, say I like it like that, like it like that
I could lie, say I like it like that, like it like that

Billie Eilish – When the party’s over

Di velluto

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Prestava attenzione a così tante cose, che spesso perdeva la visione del quadro completo. Sentiva una punta di malinconia nel cuore, una mancanza costante, quella sensazione fredda della mano vuota dopo averla intrecciata per ore con un’altra.
Si mordeva internamente la guancia per non strillare quando era in mezzo a troppa gente, e mal tollerava il profumo di colonia negli uomini e di smalto nelle donne.
La luce abbagliante era un patimento per i suoi occhi. Si può dire che gli avvenimenti leggeri e i sentimenti delicati erano i suoi migliori alleati.
Si distraeva facilmente, ma era presente nel momento, lucida e analitica. Le farfalle le sfioravano la spalla e immaginava che i tombini di notte risucchiassero quel cattivo odore di sigaro che il signore all’angolo fumava a tutte le ore.
Era difficile stupirla, ma si meravigliava in un secondo, per tutte quelle piccole cose che attiravano la sua attenzione.
La sua anima è di velluto, le sue mani sempre fredde.

Di velluto

Anelli d’oro e petali di rosa

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Se ne stava spesso seduta accanto alla finestra, con le mani intrecciate appoggiate alle ginocchia. Alle dita portava numerosi anelli d’oro pesanti, semi coperti dalle lunghe maniche della giacca di lana. Era una donna colorata, che amava indossare tanti strati di capi, non necessariamente coordinati, ed esagerare con gli orecchini, il trucco, i copricapi. Amava il rossetto rosso e gli ombretti luminosi, i piercing al naso, i profumi speziati e aveva un sottile linea nera tatuata sul viso, che partiva dal mento e le arrivava fino all’angolo della bocca.
Non credo di aver mai intravisto la silhouette del suo corpo, così infagottata com’era sempre. Rideva spesso e volentieri, divertita dalle cose più disparate: il miagolio strozzato di un gatto, un fiore profumato sul ciglio della strada, una vignetta satirica.
Aveva i capelli così neri che ho sempre avuto il dubbio fosse il suo colore naturale, ma i suoi occhi azzurri emergevano come uno scorcio di mare da una finestra sulla costa.
Era intensa, barocca, testarda, amabile. Mi manca vederla dondolare sullo sgabello, sentire il rumore degli anelli sul tavolo, il suo fischiettare alla moka del caffè.
Non ho sue notizie da qualche anno, ma la immagino sempre uguale, con il cuore avvolto da petali di rosa.

Anelli d’oro e petali di rosa

My V is for Vendetta

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“Lascialo andare”, disse solo, guardandomi con occhi sorridenti.
“Cosa?”.
“Quel dolore, quel blocco che hai dentro. Lascialo andare”, spiegò pazientemente.
“Io non…”, iniziai, bloccandomi subito dopo, consapevole del fatto che dire una frottola ad alta voce la rende ancora più stupida.
Non ebbe altro da dirmi, quindi mi strinse solo la spalla destra con la mano e se ne andò.
Un consiglio utile e vero, ma difficilissimo da mettere in pratica. L’unico modo per farcela era concretizzarlo in qualcosa che potessi visualizzare nella mia testa e renderlo un po’ reale. Mi immaginai quindi la sensazione dell’acqua che scorre dal braccio fino alle dita delle mani, per poi cadere a terra. Un rivolo continuo, gocce su gocce, assorbite dal terreno. Le mani abbandonate vicino ai fianchi, il corpo rilassato.
Lasciare andare è togliere peso. Ascoltare, farne a meno, bastarsi. Liberarsi.

My V is for Vendetta